Pitone alla cacciatora
Prendete un bel pitone di medie dimensioni e, evitando agilmente di farvi avvolgere nelle sue spire, con un coltello affilato praticategli un’incisione lungo tutta la parte ventrale, liberandolo dalle interiora, che metterete da parte. Acquietato così l’animale, stendetelo sul bancone e colla mannaia tagliatene un bel pezzo centrale, della lunghezza di circa un metro. Insaporitene ora l’interno con sale, pepe, chiodi di garofano e olio di scimmia, chiudete il tutto e fasciatelo con una robusta garza, legando poi il tutto con lo spago. Mettete ora al fuoco la grande pescera, con acqua e pezzi di carota, guayaba, sedano, zenzero, due dadi per brodo e una decina di bottoni di corozo; immergetevi il rotolo di pitone e fatelo sobbollire a fuoco bassissimo per circa un’ora. Provate quindi con un forchettone la consistenza della carne, che dovrà essere ancora un po’ tenace. Togliete allora l’involto, apritelo e spellate accuratamente il blocco di carne, che taglierete poi a fette dell’altezza di circa 3 centimetri. Ponete ora al fuoco una grande teglia, nella quale avrete messo 400 grammi di grasso chiarificato d’ippopotamo, 8 cipolle e 5 rape a pezzotti, la polpa e il guscio frantumati di una noce di cocco, 2 kg. di pomodori, 6 fegatini di struzzo e tutte le interiora del pitone. Soffriggete il tutto a fuoco vivo e, quando i pezzi di guscio del cocco si saranno ammorbiditi, adagiatevi le fette del rettile, previamente passate nella farina di gamberi. Lasciate cuocere il tutto a fuoco medio per circa mezz’ora, bagnando di quando in quando con brodo rancido di capra. Servite caldissimo, accompagnando con purée di manioca, salame di babirussa e carrube sott’aceto.
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